Napoli (Campania)
Napoli (Campania)

Visitata nell’aprile 2016.

Le prime tracce dell’insediamento umano in città risalgono all’era neolitica e sono state rinvenute presso l’attuale piazza “S. Maria degli Angeli”, nella stessa zona sorgerà l’acropoli e la necropoli di Parthenope fondata dai Cumani nell’ VIII secolo a.C. e destinata a diventare un centro importante della Magna Grecia, stringendo un forte rapporto con la città di Atene. Nel 507 l’aristocrazia cumana espulsa da Aristodemo dalla città madre si trasferisce nella nuova città, che verra ribatezzata con il nome di Neapolis, che presto avrà sempre più importanza nel golfo e sul Mediterraneo, ancora oggi in piazza Bellini e a Forcella sono visibili i resti delle antiche mura greche.

Conquistata nel 326 a.c. dai Romani divenne luogo prediletto per il riposo degli imperatori come Claudio e Nerone, ma nel 476 d.c. nella villa romana fortificata dove oggi sorge Castel dell’Ovo venne imprigionato l’ultimo imperatore romano Romolo Augusto. Ancora oggi la Basilica di San Paolo Maggiore (che abbiamo visto in restauro) presenta sulla facciata due colonne dell’antico “Tempio dei Dioscuri” costruito verso il V sec. a.C. e distrutto durante il terremoto del 1688, ricordiamo che nel 1972 vennero ritrovate proprio sotto le colonne alcuni resti scultorei di busti e torsi umani oggi sconservati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Con la fine dell’impero romano d’occidente nel 536 la città divenne provincia bizantina, con le invasioni dei popoli barbari in particolare dei Longobardi, la città divenne un ducato autonomo e dovette difendersi dagli attacchi dei Saraceni provenienti dal nord Africa e dalla Sicilia conquistata dagli arabi nel 827.

Napoli fù teatro di scambi e interessi comuni con il mondo musulmano, per questo fù fortemente ostacolata dal papato di Giovanni VIII. Il ducato ebbe fine con l’arrivo dei Normanni di Ruggero II d’Altavilla nel 1139 che inserirono la città nel neonato “Regno di Sicilia” con capitale Palermo. Successivamente il regno passò sotto gli Svevi di Federico II e Manfredi, negli anni sessanta del XIII secolo arrivarono gli Angioini con Carlo I d’Angiò e Napoli divenne capitale del regno, questo fù per la città un importante momento di sviluppo artistico e culturale, in questi anni vi soggiornarono Francesco Petrarca, il Boccaccio, il pittore senese Simone Martini e il grande Giotto che qui fondò una scuola pittorica.

Nel 1442 il potere andò agli Aragonesi, sotto il dominio di Alfonso il Magnanino vennero costruiti alcuni dei monumenti più belli della città, ricordiamo l’ Arco del Maschio Angioino, Palazzo Filomarino, Porta Capuana e Palazzo Como e negli anni del’500 i quartieri spagnoli e via Toledo. Durante il XVII secolo con la rivolta di Masaniello la città per pochi mesi proclama la repubblica indipendente che viene subito repressa dagli spagnoli, ad aggravare la situazione anche un eruzione del Vesuvio e l’epidemia di peste che causò la morte di migliaia di persone. Conquistata dall’Austria nel 1734 ritorna in mano spagnola con la dinastia di Carlo di Borbone, nel 1806 fù conquistata da Napoleone Buonaparte ma nel 1815 è definitivamente passata ai Borboni che nè faranno la capitale del “Regno delle Due Sicilie”. Nel 1860 la spedizione garibaldina la libera dal domino spagnolo per annetterla al Regno d’Italia, privata del ruolo di capitale Napoli subisce un inesorabile tracollo sociale e economica.

I nostri ricordi d’infanzia riaffiorano in questa calda giornata di primavera, scesi dalla stazione centrale andiamo incontro ai nostri amici che ci ospiteranno e che saranno i nostri ciceroni, in questi giorni approfitteremo per visitare anche altre località come: Pompei, Torre Annunziata, Ercolano e un immancabile visita al Vesuvio.

Il centro storico patrimonio dell’Unesco dal 1995 è qualcosa di unico al mondo, un dedalo di strade e palazzi storici, rovine antiche e castelli fanno di Napoli un inestimabile tesoro artistico, la storia millenaria di questa città è spettacolarmente evidente nei diversi stili artistici e architettonici dei suoi edifici. Camminando per “Spaccanapoli” ovvero l’antico decumano inferiore romano si posano i piedi sugli strati della storia di questo posto ed inevitabilmente la testa volge lo sguardo in alto, verso i portoni, i balconi, le facciate dei palazzi, che rendono il tutto davvero scenografico.

In questo breve Reportage ricordiamo alcune tappe del nostro viaggio.

Tra i primi edifici che visitiamo c’è la Chiesa di San Domenico Maggiore tra le più note in città, voluta da Carlo II d’Angio fù eretta tra il 1283 e il 1324 propio lungo l’attuale Spaccanapoli, costruita in stile gotico si compone di tre navate e un totale di 27 cappelle, mentre la pianta a croce latina presenta un ampio transetto e un abside poligonale. L’edificio è dotato di una facciata principale e di un’ingresso secondario che si affaccia sull’omonima piazza, dove si trova anche un elegante obelisco barocco costruito da Cosimo Fanzago e sensibilmente modificato nel progetto da Francesco Picchiati che conclude l’opera nel 1666. A destra della facciata si erge il campanile risalente al XVIII secolo e al suo interno sono custoditi numerosi capolavori dell’arte, dalle tracce degli affreschi trecenteschi, alle eleganti tele del XV e XVI secolo, sino ai capolavori del barocco.

La Chiesa del Gesù Nuovo sorge nell’omonima piazza, dove si trova anche l’ “Obelisco dell’Immacolata” di Giuseppe Genoino che lo realizzò a metà del XVIII secolo. La chiesa è tra le più conosciute di Napoli ed è un elegante esempio dell’architettura barocca eretta sul luogo dove sorgevano le antiche terme romane. L’edificio è un riadattamento del “Palazzo Sanseverino” che fù completamente sventrato tra il 1584 e il 1601 per volere dei gesuiti che lo acquistarono. La facciata a bugne insieme con il portale d’ingresso risalgono al progetto iniziale dell’architetto Novello da San Lucano (1435-1516), l’interno venne rielaborato in epoca barocca ad opera del Valeriano e del Provedi, mentre risale al 1635-1636 l’affresco della cupola raffigurante il “Paradiso” di Giovanni Lanfranco. Dopo il terremoto del 1688 vennero eseguiti alcuni interventi di restauro al portale d’ingresso vennero aggiunte due colonne, due angeli e lo stemma, la cupola fù ricostruita da Arcangelo Guglielmelli e affrescata da Paolo De Metteis. Dopo la cacciata dal Regno di Napoli dei gesuiti la chiesa venne affidata ai francescani riformati che affidarono nel 1786 i lavori di restauto all’ingegnere Ignazio di Nardo. Nel 1900 l’ordine dei gesuiti potè ritornare e furono testimoni del bombardamento della chiesa durante il secondo conflitto mondiale, fortunatamente l’ordigno più pericoloso non espolse. Certamente la facciata dell’edificio è un elemento caratteristico ed unico, realizzato in pietra di piperno, presenta strani simboli incisi sulle bugne, numerosi interpretazioni stanno cercando di dare un senso a questi simboli che sembrerebbero appartenere alla lingua aramaica, alcuni studioso prediliggono la tesi dei simboli alchemici in uso nel XVIII secolo, altri concordono sulla partitura musicale.

Altro simbolo della città partenopea è la Basilica di Santa Chiara situata in via Benedetto Croce a pochi metri di distanza dalla “Chiesa del Gesù Nuovo” , dotata di un’ala adibita a monastero al cui interno si trovano quattro chiostri monumentali. L’edificio venne costruito nel 1310 su progetto dell’architetto Gagliardo Primario, voluta dal re Roberto d’Angio fù consacrata soltanto nel 1340 e divenne subito un centro di riferimento della città. Contribuirono a decorare gli interni i maestri Tino di Caimano e Giotto, durante il XVIII secolo Domenico Vaccaro e Gaetano Buonocore conferirono alla chiesa linee barocche e nelle cappelle poste opere di Francesco Mura, Sebastiano Conca, Giuseppe Bonito. Purtroppo l’edificio subì un grave incendio durante i bombardamenti del secondo conflitto mondiale, questo portò alla perdita degli affreschi giotteschi di cui si conservano solo pochi frammenti e delle decorazioni settecentesche. Durante i restauri del 1944 si decise di riportare la chiesa al suo stile originario cioè quello gotico, adoperando i materiali dell’epoca come le lastre di piperno, e ridando alla facciata principale la struttura a capanna con rosone. Restiamo molto affascinati anche dalla torre campanara costruita tra il 1338 e il 1604, costruito in tre ordini architettonici differenti: il primo trecentesco caratterizzato da un paramento di blocchi di pietra, il secondo con lesene marmoree e mattoni, il terzo con lesene ioniche. Le iscrizioni che decorano la torre risalgono al periodo angioino, scritte in caratteri gotici raccontano della costruzione della basilica. Visitiamo l’interno dell’edificio che si compone di un’unica alta navata che fin da subito ci appare  spoglia e con pochissime decorazioni, tra le opere custodite ricordiamo: il “Sepolcro di Agnese e Clemenza di Durazzo” del XV secolo, il “Sepolcro di Antonio Penna” realizzato da Antonio Baboccio da Piperno, alcuni frammenti di una “Madonna con Bambino adottata da Antonio e Onofrio Penna” di un anonimo artista d’ispirazione giottesca. Nella cappella dedicata a San Francesco d’Assisi ammiriamo la scultura che raffigura il santo realizzata da Michelangelo Naccherino nel 1616, nella zona absidale si trovano i due monumenti sepolcrali di Tino di Caimano realizzati tra il 1330 e il 1336, spicca su tutti il grande monumento al re Roberto d’Angiò costruito dai fratelli Bertini provenienti da Firenze. Purtroppo non riusciamo a visitare il Museo dell’Opera di Santa Chiara che ricostruisce la storia dell’edificio attraverso i suoi reperti.

Giungiamo in Piazza Pleibiscito, una tra le più belle e scenografiche d’Italia, simbolo della rinascita di Napoli negli anni novanta, ancora ricordiamo quando era un parcheggio, mentre ora accoglie turisti da tutto il mondo. Nella piazza si trovano il Palazzo Reale sede dei sovrani spagnoli costruito tra il 1600 e il 1858, si ricordano gli architetti che vi parteciparono alla realizzazione: Domenico Fontana, Gaetano Genovese, Luigi Vanvitelli, Ferdinando Sanfelice e Francesco Antonio Picchiatti. Purtroppo durante la nostra visita la facciata era in restauro e non abbiamo potuto avuto il tempo di visitare il palazzo. La piazza come ci appare oggi è il risultato degli interventi del re francese Gioacchino Murat che con la demolizione di alcuni edifici religiosi nè aumenta le dimensioni, permettendo ai suoi architetti il napoletano Leopoldo Laperuta e Antonio De Simone di realizzare il porticato semicircolare elemento scenografico del “Foro Gioacchino” completato nel 1815.

Con il rientro della corona spagnola, il re Ferdinando IV decise di costruire la Basilica reale pontificia di San Francesco di Paola, così il progetto precedente viene fermato e cambiato. L’edificio fù progettato dall’architetto svizzero Pietro Bianchi, che riprese l’idea del suo predecessore ispirandosi al Pantheon di Roma, anche se fù obligato dal sovrano a non superare l’altezza del “Palazzo Reale”. La consacrazione avvenne nel 1846 e divenne subito un simbolo del neoclassicismo italiano, la facciata si compone di sei colonne ioniche in marmo di Carrara, l’architrave sorregge il timpano al cui interno si trovano la statua del santo di Giuseppe del Nero e la statua di “San Ferdinando di Castiglia” e della “Religione” entrambe opere dello scultore tedesco Heinrich Konrad Schweickle. La pianta circolare dell’interno porta l’attenzione a concentrarsi sulla cupola, tuttavia al suo interno sono custodite molte opere di importanti artisti, nè ricordiamo alcune: “Sant’Onofrio” di Luca Giordano,  la “Trinità” di Paolo De Metteis, “San Giovanni Battista” di Antonio Licata, il “Transito di San Giuseppe” di Camillo Guerra, il “Cristo crocifisso” di Tommaso De Vivo e il “Martirio di Sant’Irene” di Fabrizio Nenci. Per i dettagli vi rimandiamo ai link sotto l’articolo.

Percorrendo la pedamentina, una lunga e panoramica scalinata che ci porta sul colle del Vomero, giungiamo al Castel Sant’Elmo che prende il nome da un’antica chiesa dedicata a Sant’Erasmo. Tra le prime fortificazione a sorgere sul colle da cui è possibile controllare il golfo e l’intera città ci furono i normanni, che  qui costruirono una torre fortificata. Il castello che oggi vediamo fù eretto sul tufo giallo nel 1329 per volere di Roberto il Saggio su progetto di Francesco de Vico e Tino di Caimano, a cui sucedette Attanasio Primario e Balduccio de Bacza. Nel 1537 Carlo V commissionò i lavori di ricostruzione all’archietetto Pedro Luis Escrivà che gli diede la caratteristica pianta stellare a sei punte, priva di torrioni. Lo stemma all’ingresso porta le insegne di Carlo V mentre dodici feritorie puntano sul ponticello d’ingresso pronte ad intervenire qual’ora il ponte fosse in pericolo. Sul piazzale del castello si trova la chiesa dedicata a Sant’Erasmo costruita durante il domino spagnolo dall’architetto Pietro Prati nel 1547, per poi subire interventi successivi ad opere di Domenico Fontana. Dal XVII al XIX secolo divenne una prigione, mentre nel XX secolo venne adibito a carcere militare. Oggi l’intero castello è un museo ed è sede del Museo Napoli Novecento 1910-1980 in cui sono conservate le opere degli artisti cari alla città.

Altri monumenti li visitiamo in una breve passeggiata accompagnati dai nostri ciceroni, anche se ad un certo punto decidiamo di muoverci autonomamente, ed ecco allora che visitiamo l’elegante Galleria Umberto I del XIX secolo e il Maschio Angioino. Di quest’ultimo edificio ammiriamo il portale d’ingresso, vero gioiello rinascimentale della città, voluto dal re Alfonso d’Aragona e attribuito allo scultore Francesco Laurana. D’ispirazione classica il monumento descrive un corteo regale nella parte inferiore affiancato da due colonne ioniche, mentre nella parte superiore vi sono collocate le statue delle quattro virtù: Temperanza, Giustizia, Fortezza e Magnanimità.

Concludiamo la nostra escursione sulla riviera di Chiaia per ammirare l’antico Castel dell’Ovo che sorge sul luogo dove venne fondata l’antica Parthenope e dove nel I sec. a.C. si trovava la splendida villa romana di Lucio Licino, anche questo monumento come tanti altri della città se potesse parlare chissà quanti segreti avrebbe da raccontarci. L’unico museo che riusciamo a visitare è il Museo Archeologico Nazionale, che conserva oltre a preziosi reperti dell’arte classica, una collezione incredibile delle opere rinvenute nell’area vesuviana che ci permette di completare con la visita degli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano il nostro reportage con grande soddisfazione.

La Redazione.
Link ufficiali:

Città di Napoli – Wikipedia

MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Palazzo Reale