(16 marzo 2012)

Esprimiamo tutta la nostra solidarietà al Museo Cà la Ghironda di Zola Predosa (Bo) che nella notte di ieri ha subito il furto di 5 opere in bronzo, sotto riportiamo il testo intero della comunicazione ufficiale.

(Comunicato stampa)

E’ accaduto.

Non ci sono più.

Cinque opere.

Il “branco”.

Un manipolo di sbandati senz’anima e senza nome ha colpito. Dritto, al cuore, di Ca’ la Ghironda, di noi tutti.

E per il niente, per il danaro. Poca cosa.

Molto poca cosa, sicuramente, se paragonato al valore che invece in mano nostra quel bronzo trafugato a  quintali ha, per anni, significato. Per nessun valore rispetto all’amore che quelle forme plastiche e generose di  fascino, mistero, e di magia ha trasmesso a migliaia e migliaia di bambini  in festante gita fuori porta.

Per nessun valore rispetto al dubbio, alla curiosità, all’interrogazione che i nostri visitatori si ponevano davanti ad esse.

Ora non più. E’ finita così.

La doppia croce, la grande mela, i giochi  d’infanzia, gli amanti e la guardia delle stelle non ci sono più.

Non ci faranno più sognare, non ci richiameranno più su quel terrapieno oramai spoglio dei suoi astati. Non saranno più il  nido di scoiattoli e di merli nel primo calore della primavera oramai alle  porte, né rifugio di anfibi o di farfalle al calar dell’inverno.

Serviranno per riempire il portafoglio di qualche disperato nell’anima, nella coscienza, tracotante  d’ignoranza.

E per questo scopo, quelle forme, verranno probabilmente bruciate, ad un calore tale da fonderle, oltre i 1000 gradi. Fuse! Una colata di lava incandescente, un fiume di materia senza più forma, senza più identità, senza più storia. Saranno ridotte al nulla e, ancor peggio, senza più dignità!

Quella dignità che l’uomo, la natura e, prima di ogni, i nostri bambini gli avevano conferito. Le loro mani che le toccavano, quelle opere così vicine, senza protezione per poter essere una di loro, senza distacco, senza auto blu o scorte per dar loro solennità e  “valore”, non ne avevano bisogno; senza il dono – quelle meraviglie – della voce per poter urlare, quella dannata notte; senza la velocità delle gambe vive dei nostri piccoli per poter correre e scappare, disperate, per trovar rifugio – tremanti e impaurite – lontano da chi bramava la loro tragica fine.

Ora è accaduto.

Bene a coloro che hanno avuto il coraggio di farlo. Bene ai loro vergognosi corpi, ai loro squallidi sensi, ai loro turpi linguaggi, ai loro irripetibili sogni: hanno violentato il corpo, hanno stuprato lo spirito.

E allora che un Dio – fra i tanti che gli uomini si  sono inventati –  li perdoni, perché il Dio vero, quello che ha accolto Giorgio Celli al suo fianco, quel Dio che è equilibrio fra materia e antimateria, fra il profondo degli  abissi e il cosmo, fra l’acqua e il vento, fra il gelo e il fuoco, non li condanna e non li perdona, non giudica: è oltre. Non si mischia nelle cose torbide dell’uomo, non ordina guerre sante, non fa inquisizioni, non aumenta le tasse per il bene sociale, non specula sull’ignoranza e sulla miseria della gente, non genera corpi e menti da assistere. NON GENERA MOSTRI!

Quel Dio che è al centro dell’uomo, che è ciascuno di noi, che alberga nella nostra capacità di sognare, di creare, di dare vita, e che oggi è sepolto dall’incultura, dall’arroganza, dalla prevaricazione, soffocato da un’esigenza di “far quadrare i conti” e  svuotato – in nome di un’inarrestabile rincorsa ad un’economia virtuale  che aiuta i potenti e impoverisce le masse – di quell’identità che solo l’Essere umano dovrebbe saper coltivare e custodire, salvaguardare, per il futuro dei nostri figli e della civiltà, vuole solo rispetto.

Rispetto. Fra tutto e tutti. Fra le leggi della fisica e della scienza; rispetto fra i vuoti e pieni, fra il giorno e la notte, fra  la luna e il sole, fra il caldo e il freddo, fra la vita e la morte, come avviene in natura, in quella dimensione che solo un Dio vero, che va oltre l’uomo, può aver congegnato e a cui un giorno, senza giustificazioni né mediazioni, ci troveremo a dover rispondere.

Addio mie care, e che quel Dio a Voi renda merito per la gioia e l’amore che siete riuscite a dare a coloro che vi hanno curato e a quelli che vi hanno sfiorato, almeno una volta, un giorno a Ca’ la Ghironda, nelle pause di una vita difficile e da oggi, senza di Voi, ancor più vuota.

Vittorio Spampinato

Link:
Ca’ la Ghironda – ModernArtMuseum