
La capitale della cultura europea del 2019, Matera (Basilicata).
visitata nel febbraio 2015
Nel 2019 Matera sarà la capitale europea della cultura insieme alla città di Plovdiv in Bulgaria. Il suo centro storico conosciuto nel mondo per i “sassi”e l’ingegnoso impianto idrico sono già stati dichiarati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 1993. Era da molto tempo che volevamo documentare questo grandissimo museo a cielo aperto che è la città di Matera, così, com’é nostra abitudine, abbiamo sfoderato la macchina fotografica e con tanta buona volontà dettata dalla nostra passione per la storia dell’arte ci siamo addentrati nei suoi tesori. La città vecchia si presenta in splendida forma, ben illuminata, tanti cantieri per restauri e numerose chiese rupresti da visitare.
Sin dal Paleolitico le grotte delle “gravine” furono luogo di insediamento umano, come dimostrano ritrovamenti fossili molto probabilmente dell’età del ferro. Il primo nucleo urbano venne occupato dai coloni Greci e lo dimostrerebbe il simbolo stesso della città, un bue con una spiga di grano, elementi che riportano alla vicina Magna Grecia. Sotto i romani non rivestì particolare importanza; nel 664 d.c. fu conquistata dai Longobardi e successivamente fu teatro di feroci scontri tra le truppe dei Franchi e i Saraceni. Nel 1043 divenne parte dei territori Normanni, poi degli Aragonesi e nel 1663, in epoca spagnola, divenne capoluogo della Basilicata. Questo titolo le fu tolto all’inizio del XIX secolo sotto il regno di Giuseppe Bonaparte a favore di Potenza. Nel 1952 con una legge nazionale i Sassi vennero sgomberati e i 15.000 abitanti dei Sassi trasferiti nei nuovi quartieri residenziali. Nel 1980 fu parzialmente danneggiata dal terremoto dell’Irpinia. Nel 1986 una nuova legge nazionale finanziò il recupero degli antichi rioni materani, ormai degradati da oltre trent’anni di abbandono.
I “Sassi” sono divisi in due dalla “Civita”, essi prendono il nome di “Sasso Barisano” e “Sasso Caveoso” ed oltre alle affascinanti stradine ed alle pittoresche vedute presentano numerose cisterne di cui abbiamo avuto la fortuna di visitare la più grande conosciuta. Passeggiare per le vie del centro è proprio come fare un tuffo nel passato con la possibilità di ammirare e godere dei tesori artistici e architettonici lasciati dalle varie stratificazioni dell’età medievale, rinascimentale e barocca.
Il primo monumento che ci troviamo di fronte è il grande “Convento di S. Agostino”, costruito nel 1592 ma restaurato in seguito ai danni subiti a causa del terremoto del 1734. Il complesso comprende anche la “Chiesa di Santa Maria delle Grazie” del 1594.
La “Cattedrale della Madonna della Bruna e di S. Eustachio” si trova nella “Civita” e fu costruita nel XIII secolo in stile romanico su un piano elevato di oltre sei metri che le permetteva di staccarsi dalle altezze degli altri edifici. L’esterno dell’edificio sacro è pressapoco lo stesso da secoli e ancora oggi è possibile ammirare il rosone sormontato dall’arcangelo Michele e affiancato da 4 colonnine che simboleggiano gli evangelisti; sopra di esso 12 archetti ciechi con le piccole colonne ricordano invece gli apostoli. Sul lato che si apre sulla piazza si trovano altre due porte d’ingresso, una detta “porta dei leoni” per le due sculture in pietra e l’altra chiamata “porta della piazza” con un antico bassorilievo rafffigurante Abramo. Il campanile, che difficilmente passa inosseravato, è alto 52 metri ed è decorato con le tipiche aperture a bifore romaniche con in cima una piramide. L’interno è organizzato secondo la pianta a croce latina a tre navate, nel corso dei secoli arricchito di decorazioni come l’affresco d’epoca bizantina del 1270 in cui è raffigurata la “Madonna della Bruna con il Bambino ” forse realizzato da Rinaldo da Taranto probabilmente autore anche del “Giudizio Universale” scoperto dopo i restauri. Nella zona absidale è situato anche il coro ligneo del 1453 realizzato da Giovanni Tantino di Ariano Irpino.
Tra i monumenti che più ci ha colpito per la sua bellezza vi è certamente la “Chiesa di S. Giovanni Battista” eretta nel 1233 e intitolata al santo nel XVII secolo, dopo esser stata in un primo momento dedicata a “S. Maria la Nova”, e costruita in gran parte in stile romanico. Gli elementi che ci hanno subito incuriosito sono i motivi decorativi dell’arco del portale maggiore che ci rimandano al gusto arabo mentre al di sopra di esso si trova la statua in tufo del santo. Il suo spazio interno, raccolto e intimo ricorda le atmosfere medievali con l’uso delle volte a crociera per le navate laterali, mentre per quella centrale si è adoperata la volta a vela. Un cronista del settecento così la descrive: “Resta ora di ragionar della chiesa di S. Maria la Nova intorno alla quale è da osservarsi l’architettura non tanto al di dentro, quanto da fuori. Tutta è ben disposta, ed adorna, ma sopra di tutto meravigliosa è al di fuori circa la perfezione e bellezza del lavorio bizantino, per ogni parte ch’ella si voglia riguardare. Ma più di ogni altra cosa è da riguardarsi da tutti e quattro li lati, rappresenta una prospettiva differente dall’altra con vario e diverso lavorio, adornata di molte statue e diversi animali e su la cime tre cupolette di gran altezza, e di queste fattezze poco, o rare chiese si rattrovano in questo Regno”.
Molto graziosa ci é apparsa la piccola piazza Sedile, dove si trova l’omonimo “Palazzo del Sedile”, attualmente sede del Conservatorio della città; il suo impianto originario risale al 1540 per poi essere ristrutturato nel 1759 con l’aggiunta delle due torri campanarie ornate da sei statue, donando all’intera facciata un magnifico impianto scenografico.
Circondata da una piazza recentemente rivisitata nella sua pavimentazione si trova la “Chiesa di S. Francesco d’Assisi”, che apprezziamo per la bellissima facciata in stile barocco risalente, come l’intero edificio al 1670, anno della sua ricostruzione. All’interno si trova l’antica cripta dei S. Pietro e Paolo e un prezioso affresco del XII secolo.
In Piazza Vittorio Veneto abbiamo l’appuntamento per una visita guidata all’interno dell’antica cisterna chiamata “Palombaro Lungo”. Dopo l’urbanizzazione della zona del Piano che iniziò alla fine del XVI per concludersi nel XIX secolo, divenne indispensabile un sistema di rifornimento idrico per le abitazioni che al contrario dei “Sassi” ne erano prive. Per secoli si é scavato nella roccia per soddisfare il continuo aumento del fabbisogno d’acqua da parte della popolazione, e l’ultimo intervento a tal proposito è documentato nel 1870. L’altezza della cisterna nel punto più alto é di circa quindici metri e la sua capacità é di cinquemila metri cubi d’acqua. Durante la nostra visita ci avvalliamo di una guida locale che ci spiega che siamo di fronte ad un opera per certi versi unica (poiché scavata) e paragonabile per dimensioni e portata alla più nota cisterna di Istanbul. Sul soffitto della cisterna si notano ancora i fori degli antichi pozzi posti nella piazza sovrastante, ma anche curiosi segni lasciati in passato da secchi di metallo alla deriva e tracce scure lasciate dal livello dell’acqua raggiunto in una particolare occasione sulle pareti ricoperte con coccio-pesto, un intonaco che le rende lisce ed impermeabili.
Altro edificio di notevole fascino situato nella medesima piazza è la “Chiesa di S. Domenico”: essa è tra le più antiche chiese della città e le sue origini risalgono al XII secolo. Durante i secoli la comunità monastica ivi residente riuscì a sopravvivere solo grazie alle donazioni dei benefattori, ma con il passare del tempo la chiesa acquistò sempre più prestigio tra i territori della “Terra d’Otranto”. Nel Settecento è descritto: “Molto comodo di stanze per li Padri con corridori, nofficine, magazzini e chiostro quadrato, così di sottani come di soprani con diversi appartamenti di camere, e per Provinciali, per maestri e per olti frati”. Il rosone della facciata di pregevole fattura è adornato al centro con il simbolo dei domenicani, il cane con la fiaccola in bocca, ai lati con due figure umane e nella parte bassa con un telamone, mentre in alto si trova la figura dell’Arcangelo Michele. Merita particolare attenzione la bellissima cupola dai richiami bizantini.
Matera nasconde nel suo sottosuolo moltissimi segreti come le tantissime chiese rupestri ormai quasi tutte con ingresso a pagamento e spesso malamente conservate. Ne visitiamo alcune, tra cui la “Chiesa di S. Pietro in Monterrone” del XI secolo, scavata interamente nella roccia. E’ aperta al pubblico invece la “Chiesa di Santo Spirito” situata proprio sotto piazza Vittorio Veneto all’entrata del “Palombaro Lungo”. L’edificio, oggi in pessime condizioni, venne costruito in una prima fase tra VIII e IX secolo, rimaneggiato alla fine del XV e del XVI secolo, quando assunse l’impianto a tre navate costituite da volte e pilastri un tempo riccamente decorati da affreschi oggi in gran parte illeggibili. Il campanile risale invece agli interventi voluti dal commendatore Zurla nel 1674, mentre la statua della Madonna che oggi si trova sulla facciata della “Mater Domini” (XVII – XIX sec.) era situata all’interno della chiesa.
Altro edificio importante che si può ammirare a Matera è il “Palazzo dell’Annunziata” in piazza Vittorio Veneto costruito nel 1735 con lo scopo di ospitare un convento. Venne realizzato su progetto dell’archiettto Vito Valentino di Bitonto anche se nell’ultima fase viene sostituito da Mauro Manieri di Lecce. Il cornicione e l’orologio risalgono ai primi del XIX secolo. I lavori di restauro al palazzo si sono conclusi nel 1998 dopo anni di abbandono post-terremoto, e attualmente al suo interno si trova la biblioteca provinciale.
Ci sarebbe piacuto rimanere un po di tempo in più ma siamo soddisfatti del nostro Reportage che condividiamo con lo spirito di invogliare e promuovere le bellezze artistiche e non solo di una delle città che ha saputo sfidare il tempo mantenendo inalterata la sua storia.
La Redazione